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  l'angolo delle riflessioni

L'amministratore di sostegno
di: Canzio Bonazzi
18/08/2005

Con la legge 9 Gennaio 2004 n.6, pubblicata sulla G.U. del 9 gennaio 2004 n.14, ha trovato ingresso nel nostro ordinamento l’Istituto dell’amministrazione di sostegno.
Si tratta di un'importante novità che dà cittadinanza giuridica ad una riforma da tempo auspicata, tant'è che già negli anni 80 un gruppo di ricerca composto da eminenti studiosi, coordinato dal prof Paolo Cendon, aveva elaborato una proposta di riforma del codice civile in ordine allo status dei soggetti infermi di mente; prevedendo un nuovo Istituto: l'“amministrazione di sostegno”, avente la funzione di tutelare i disabili grazie alla nomina di un amministratore e a una ridotta limitazione della capacità legale.

Oggi, finalmente, le disposizioni della legge 6/2004 compongono, insieme a quelle già contenute nel codice civile, un sistema di protezione più articolato e flessibile e in cui appare rimesso all’interprete, in ragione delle peculiarità della singola fattispecie, fissare la linea di confine tra l’adeguatezza dei vari istituti e prevenire, quindi ad un'idonea gradazione della flessibilità.

Ciò soprattutto ove si consideri che l'“abituale infermità di mente che rende incapaci di provvedere ai propri interessi”, tutt’ora richiesta per la pronuncia dell’interdizione, appare simile all’infermità psichica, anche parziale o temporanea (e quindi probabilmente duratura), che rende impossibile provvedere ai propri interessi e costituisce condizione per la nomina dell’amministratore di sostegno.

In virtù della previsione che per poter pronunciare l’interdizione è necessario che la misura tenda ad assicurare adeguata protezione al soggetto e non solo ad assicurargli la cura dei propri interessi, si può concludere che nella graduazione, cui si è fatto cenno prima, l’interdizione costituisca l’estrema ratio, tanto che si può prevedere:

1 - la rimessione al Giudice Tutelare del procedimento avente ad oggetto la richiesta di interdizione e inabilitazione, qualora si profili l'opportunità di applicare l’amministrazione di sostegno (art 6 della legge che modifica l’art. 418 del C.C.); oppure
2 - la dichiarazione di cessazione della amministrazione di sostegno, qualora risultata inidonea, a opera del Giudice Tutelare, che informa il Pubblico Ministero, perché promuova il giudizio di interdizione o inabilitazione (art. 3, comma 1, che modifica l’art. 413 del C.C.

La Legge 6/2004 modifica il titolo XII del codice civile, già intitolato “dell’infermità di mente e della interdizione e inabilitazione” con l’espressione “delle misure di protezione delle persone prive, in tutto o in parte di autonomia”; il nuovo titolo offre una generale chiave di lettura della nuova disposizione.

Le finalità perseguite dalla legge sono illustrate dell’art.1 e costituiscono la premessa ontologica dell’amministrazione di sostegno.

L'art 1 così recita: “la presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”.

Si può osservare che l'istituto ha come presupposto un'infermità psichica o fisica, che impedisce di provvedere ai propri interessi e che riduce la capacità dell'interessato solo in ordine ad alcuni atti.

E infatti l'interessato conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno; ciò si desume inequivocabilmente dall’art. 3, comma 5, n.3 e n.4, che prevede che il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno deve contenere l'indicazione dell’oggetto dell'incarico, degli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario e degli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno.

Di qui, la conseguenza che, al di fuori degli atti indicati dal Giudice, il beneficiario mantiene inalterata la sua capacità di agire.

Il procedimento per l'istituzione dell’amministrazione di sostegno inizia con un ricorso che va presentato al Giudice Tutelare del luogo in cui il beneficiario ha la residenza o il domicilio; nel procedimento interviene obbligatoriamente il Pubblico Ministero.

Il ricorso può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado e dal P.M.
I responsabili dei servizi sanitari e sociali, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura della procedura, sono tenuti a proporre al Giudice Tutelare il ricorso o a informare comunque il Pubblico Ministero.

Il Giudice Tutelare deve sentire personalmente l'interessato ed assumere tutte le informazioni necessarie, in esito alle quali deve, entro sessanta giorni dal ricevimento del ricorso, provvedere alla nomina dell'amministratore di sostegno, con decreto motivato immediatamente esecutivo.

Il decreto deve contenere: 1) le generalità del beneficiario, 2) la durata dell'incarico, che può essere anche a tempo indeterminato, 3) l'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore ha il potere di compiere in rappresentanza del beneficiario, 4) gli atti che il beneficiario può compiere con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, 5) il limite delle spese che l'amministratore può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha la disponibilità, 6) la periodicità con cui l'amministratore deve riferire al Giudice circa l'attività svolta.

Il decreto di apertura e di chiusura della procedura devono essere annotati, a cura del cancelliere, in un apposito registro e devono essere comunicati, entro dieci giorni, all'ufficiale dello stato Civile per le annotazioni a margine dell'atto di nascita del beneficiario (se la durata è a tempo determinato, le annotazioni devono essere cancellate alla scadenza del termine di durata).

La scelta dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario.

Può essere designato dallo stesso interessato; in mancanza, il Giudice Tutelare procede alla nomina, preferendo, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio, il fratello o la sorella.

Nello svolgimento dei suoi compiti, l'amministratore deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.
L'amministratore deve informare il beneficiario degli atti da compiere, nonché il Giudice nel caso di dissenso del beneficiario stesso.

Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge o eccedenti l'oggetto dell'incarico o i poteri conferitigli dal Giudice, possono essere annullati su istanza dell'amministratore stesso, del P.M., del beneficiario o dei suoi eredi o aventi causa; parimenti possono essere annullati gli atti compiuti personalmente del beneficiario in violazione di disposizioni di legge o delle disposizioni contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione di sostegno.

Infine, l'art. 413 C.C. (art. 3 della legge 6/2004) prevede che quando il beneficiario, l'amministratore di sostegno, il P.M. o taluno dei soggetti di cui all'art. 406 C.C. (coniuge, parenti entro il quarto grado) ritengono che si siano verificati i presupposti per la cessazione dell'amministrazione di sostegno o per la sostituzione dell'amministrazione, rivolgono istanza motivata al Giudice Tutelare.
Questi provvede con decreto motivato, dopo avere assunto le necessarie informazioni.
Il Giudice provvede altresì, anche d'ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno, quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario.

In tale ipotesi, se il Giudice ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o inabilitazione, ne informa il Pubblico Ministero affinché vi provveda.

In questo caso l'amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del curatore provvisorio o con la dichiarazione di interdizione o inabilitazione.
In conclusione, appare possibile affermare che il nuovo istituto giuridico, appare più rispettoso della dignità della persona e perfettamente allineato con le moderne istanze di garanzia intese a superare ogni forma di limitazione dell’autonomia, fintanto e in quanto sia possibile.

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