"(riflessione davanti a Gesù)":
di: Don Torfino
13/06/2005
Gesù.
Commuove sempre una morte come la tua, ingiusta e giovane.
Eppure… la tua morte non è del tutto una perfezione.
Ti ha impedito di soffrire un insulto, oggi tanto comune: la vecchiaia.
Tu, Gesù, non hai saputo cosa sia sentire ad ogni stagione
i muscoli, le ossa, le membra indebolirsi: Le scale diventano una
fatica. Gli occhi indeboliti cercano la luce, la posizione più
illuminata. Le mani perdono la loro abilità. Il lavoro chiede
spesso il riposo, ma non è mai sufficiente il tempo da concedere
alle membra.
Tu, Gesù, non hai provato il lento affievolirsi del tuo corpo.
Sei stato solo giovane. La morte ti ha colto quando avevi la pienezza
delle tue energie.
Gesù, mi vedo rispecchiato negli anziani che vado a trovare
appena posso.
Qualcuno non parla e guarda solo con occhi spalancati. Qualcuno
non cammina più; è sempre in carrozzella o a letto.
Qualcuno non può portare il cucchiaio alla bocca; deve essere
aiutato.
Sarò anch’io così. Lo sarò presto.
Questo pensiero, senza alcun sentimento ossessivo, mi ritorna di
frequente.
Così scivolo, inconsapevolmente, ad un altro pensiero. Mi
sento sempre più vicino a te, fratello, che hai sofferto
fin dalla nascita qualche disabilità.
Ora capisco meglio che non ti sono superiore, fratello che sempre
hai camminato con difficoltà.
Le mie mani hanno sempre minore destrezza e abilità. Proprio
come le tue, fratello che hai dovuto con tanta fatica educare le
tue dita ad un lavoro, frequentando scuole o corsi per disabili.
Non c’è più differenza.
Non c’è più la superiorità che istintivamente
e tacitamente stabilivo tra me, sano e forte, e te, che passavi
per la strada camminando a fatica, o avevi bisogno di qualche secondo
in più per portare a termine un’azione.
Non c’è più la preminenza che non ostentavo
ma che, in segreto, affermavo tra me sicuro camminatore di erti
sentieri di montagna e te che hai sempre avuto bisogno di chi ti
sorreggesse e ti conducesse con una carrozzella.
La mia tacita superbia sta smontando.
Tu, Gesù, non le hai provate queste situazioni…ma hai
visto, con i tuoi occhi attenti tutte queste realtà.
Mi ricordo quando eri a Gerico. Il cieco, venuto a conoscere che
passavi di là, gridava chiamandoti.
Molti lo sgridavano per farlo tacere. Anche noi a volte facciamo
di tutto per nascondere l’anziano o il disabile. Quella volta
a Gerico, Bartimeo gridava più forte: «Figlio di Davide,
abbi pietà di me!».
Tu, Gesù, ti sei fermato e hai detto: «Chiamatelo!».
Continua l’evangelista: Chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio!
Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò
in piedi e venne da Gesù (Mc 10,46 ss).
Ora, Gesù, ascoltami.
Anche oggi c’è un cieco, che dico?, migliaia di ciechi,
storpi, zoppi, tutta una teoria di umane infermità. Tu le
vorresti guarire, lo so.
Ti supplico guarda invece “i sani”, che pensano di essere
i “normali”; guarisci prima la loro, la nostra presunzione;
smonta le nostre sicurezze e le nostre convinzioni, perché
ci accorgiamo che non siamo su un altro sentiero nella vita. Fa’
il miracolo: Che ci convinciamo di essere sulla stessa strada dove
camminano tutti gli uomini; fa’ capire a tutti che la differenza
sta solo in questo: “i normali” camminano in ritardo
sulla tabella di marcia. Arriveranno anche loro dove ora c’è
chi non ha le loro abilità. Arriveranno tutti, proprio tutti
allo stesso punto.
don Torfino
Ritorna all'angolo delle riflessioni